
DMLE
Degenerazione maculare legata all’età (DMLE in italiano, AMD in inglese)
Cos’è
È una malattia retinica che provoca la riduzione della funzionalità della zona centrale della retina (la macula) fino a una perdita della visione centrale.
La macula, contenente numerosi fotorecettori (dove vi sono concentrati i coni), si altera con la progressione dell’età sino a perdere le sue caratteristiche. Ciò è dovuto alla morte delle cellule retiniche, che può essere lenta e progressiva oppure più rapida e drammatica.
Dai reperti autoptici, la DMLE è riscontrata nel 33% degli occhi delle persone con più di 65 anni e nel 30% circa delle persone al di sopra dei 75 anni. La prevalenza della malattia varia dall’1,6% in soggetti di età compresa tra i 52 e i 64 anni al 27,9% in quelli oltre i 75 anni. La prevalenza di DMLE è trascurabile all’età di 50 anni raggiunge il 6% a 80 anni.
Tali discrepanze, tra cui il calo % dopo gli 80 anni, possono essere spiegate, in parte, per il fatto che l’occhio, così come altri organi, subisce un processo normale di invecchiamento indipendente dalla DMLE che, diversamente dalle distrofie maculari giovanili, può rendere la diagnosi più difficile.
La DMLE è stata classificata in due forme:
– una forma non neovascolare (secca o atrofica) caratterizzata da un andamento cronico e lentamente progressivo;
– una forma neovascolare (umida o essudativa) più rapida ed aggressiva ed altamente invalidante
La forma secca o atrofica (85-90% dei casi) è caratterizzata dalla presenza di drusen, ossia depositi focali di materiale extracellulare, siti tra la membrana basale dell’Epitelio Pigmentato Retinico e lo strato collagene della membrana di Bruch. Le drusen sono importanti fattori di rischio e indicatori biologici della degenerazione maculare senile.
Sono comunemente osservate negli individui di età maggiore di 60 anni e nel contesto clinico della DMLE. Le dimensioni, il numero, l’estensione e la confluenza delle drusen sono importanti determinanti nel rischio di sviluppo di DMLE.
Queste drusen, crescendo, esercitano una pressione sui capillari, la cui sezione e quindi capacità di portare ossigeno si riduce drasticamente. Questo comporta un assottigliamento progressivo della retina centrale, che risulta infatti scarsamente nutrita dai capillari (poco efficienti) e, di conseguenza, si atrofizza (muoiono le cellule nervose fotosensibili), determinando in seguito la formazione di una cicatrice in sede maculare con un aspetto detto a “carta geografica” (aureolare). Questa fase finale viene denominata proprio Atrofia Geografica.
L’altra forma di degenerazione maculare, quella più grave e a più rapida evoluzione, è detta umida o essudativa (10-15% dei casi): è complicata dalla formazione di nuovi capillari con una parete molto fragile. Questi vasi sono permeabili al plasma (la parte liquida del sangue) e possono dare origine, quindi, a distacchi sierosi dell’epitelio pigmentato retinico e, nei casi più avanzati, si possono rompere facilmente, provocando un’emorragia retinica. I ripetuti episodi emorragici e di riparazione tissutale sono responsabili della formazione di una cicatrice centrale più o meno esuberante.
La degenerazione maculare legata all’età – DMLE è la prima causa di cecità legale nei paesi industrializzati dopo i 60 anni di età. L’incidenza aumenta con l’età raggiungendo il 30% dopo i 75 anni.
Queste stime sono destinate ad aumentare con l’allungamento dell’età media e delle aspettative di vita. In accordo con le ultime stime delle Nazioni Unite, il numero di persone affette da tale patologia si triplicherà nel tempo, con l’invecchiamento demografico mondiale (soprattutto nei Paesi di maggior benessere).
L’eziologia della DMLE non è stata tuttora dimostrata, ma sono stati evidenziati numerosi fattori di rischio associati alla sua comparsa, quali i seguenti:
- età superiore ai 55 anni,
- sesso maschile,
- fumo di sigaretta,
- abuso di alcol,
- diabete mellito,
- vita sedentaria,
- dieta povera di vitamine e acidi grassi (in particolare omega-3),
- ipertensione arteriosa, disturbi della coagulazione, esposizione prolungata e ripetuta a sorgenti di luce molto intense.
Inoltre, è ormai acclarata la familiarità come principale fattore di rischio nello sviluppo della malattia da parte di soggetti con parenti di primo grado che ne sono affetti (l’origine è infatti genetica).
SINTOMI
I sintomi clinici all’esordio sono estremamente vari a seconda della forma di DMLE (atrofica o neovascolare). Variano da visione sfocata o distorta che interessa il campo visivo centrale, fino ad una improvvisa e aspecifica riduzione della visione centrale nei casi di forme neovascolari. Altri comuni disturbi sono la diminuzione della velocità di lettura, specialmente con luce debole, la diminuzione della sensibilità al contrasto, la difficoltà nell’”adattamento al buio”. In caso di degenerazione maculare atrofica, l’esordio può essere caratterizzato anche da assenza di sintomatologia, pertanto la diagnosi in questi casi rappresenta un reperto occasionale in corso di un comune esame oftalmoscopico di routine.
La degenerazione maculare è una patologia fortemente invalidante, anche se non provoca la cecità totale (la visione paracentrale e laterale vengono conservate) che può avere anche gravi ripercussioni sul piano psicologico.
DIAGNOSI
Durante la visita specialistica l’oculista esamina la parte centrale della retina (esame del fondo oculare) con uno strumento detto oftalmoscopio e tramite lenti che consentono, dopo aver dilatato le pupille, di osservare la retina centrale.
Un esame molto facile da eseguire ed utilissimo per monitorare nel tempo l’evoluzione della patologia è il reticolo di Amsler (una griglia a quadretti con un punto centrale), che consente di riconoscere distorsioni o zone cieche centrali. Uno dei sintomi presenti è, infatti, una distorsione delle linee rette (righe di un quaderno, linee formate dalle mattonelle del pavimento) in prossimità del centro del campo visivo.
In alcuni casi, per meglio inquadrare la situazione clinica, si eseguono degli esami diagnostici specifici, quali l’OCT (esame non invasivo che consente di visualizzare i singoli strati della retina) e, quando necessario, l’angiografia con fluoresceina e/o l’angiografia al verde di indocianina. Questi ultimi sono esami fotografici non radiologici che – attraverso l’iniezione in vena di un cosiddetto mezzo di contrasto – consentono di ottenere immagini dettagliate della circolazione sanguigna (nella retina e nella coroide).
Tali indagini consentono allo specialista di fare la diagnosi e di studiare la malattia, oltre a essere una guida preziosa a un eventuale trattamento.
TRATTAMENTI
A seconda che si tratti della forma secca oppure di quella umida l’approccio è differente. Le forme secche sono considerate ancora oggi incurabili; tuttavia potrebbe essere possibile, una volta diagnosticata, rallentarne almeno in parte l’evoluzione (ad esempio mediante un corretto stile di vita che va da esercizi fisici regolari a una dieta variata), anche se la questione resta scientificamente controversa. Inoltre esistono alcuni casi in cui le forme secche evolvono in quelle umide.
Alcuni ricorrono a integratori alimentari a base di sostanze antiossidanti, che aiutano a combattere la formazione dei radicali liberi e l’ischemia del tessuto retinico maculare (ossia la sua morte dovuta alla riduzione o all’arresto dell’apporto di sangue alla retina). Quelli più comunemente utilizzati sono i carotenoidi quali la luteina, la zeaxantina e l’astaxantina, gli antiossidanti ed i sali minerali (quali lo zinco ed il rame).
La forma umida (essudativa) può essere trattata con terapia fotodinamica, attuata mediante un tipo particolare di laser, previa iniezione endovenosa di una sostanza chiamata verteporfirina che, una volta attivata dalla luce laser, consente l’occlusione selettiva dei nuovi vasi (crea dei trombi che chiudono i capillari nocivi), senza danneggiare il tessuto retinico circostante. Tuttavia può essere effettuata con successo solamente nelle forme subfoveali, cioè sotto la fovea (la regione centrale avascolare della macula) e iuxtafoveali (a 200-500 micron dalla fovea). Spesso sono necessarie ripetute sedute nel tempo e, purtroppo, talvolta la malattia può ripresentarsi a distanza di mesi (recidiva).
L’altra possibilità terapeutica nelle forme essudative è rappresentata dalle iniezioni intravitreali di farmaci anti-VEGF. Si tratta di sostanze che agiscono inibendo la proliferazione di nuovi vasi sanguigni della retina (antiangiogenici), che provocano la comparsa di membrane sottoretiniche e di sanguinamenti. Si può arrivare a ottenere un forte rallentamento dell’evoluzione della malattia; tuttavia, perché il trattamento possa essere efficace va ripetuto per alcuni mesi. Se, invece, il trattamento – somministrato il più delle volte ogni quattro-sei settimane – non desse benefici ovviamente dovrà essere sospeso.